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Omicidio in Texas

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di Daniella De Panfilis

...Eppure un posto c'è, esiste. Non è un luogo della mente, l'evasione dentro al sogno, l'illusione magrittiana che basti una bombetta in testa e una mela sul naso per disfarsi della propria identità.
Un posto c'è, dico io, che ti faccia decollare portato da un ombrello, verso l'alto, verso l'altro, lontano dalla realtà stramazzata tra le tue braccia, soffocata da pensieri astratti, schiacciata da enormi culi comatosi, che nella fusione fredda coi divani dei salotti hanno generato, in un'epoca priva di leggende e nostalgia, il nuovo essere mitologico per eccellenza: l'Homo Sofas, metà uomo, metà poltrona. Sfondata. Così immobile, lamentoso e altisonante che non puoi far altro che stare ad ascoltarlo, nell'attesa che la morte ti prenda da dietro e ti porti via.
Ahia! Il Texas, gente, il Texas! Niente più. Certo, se vuoi trovare te stesso puoi andare in India con un viaggio organizzato, oppure in Thailandia a dar da mangiare alle tigri in un monastero buddista. Se vuoi trovare il Texas dentro te stesso, però, il Texas ti troverà, ovunque tu sia; e ti richiamerà a sé, non come una madre ancestrale che vuole annegarti nel suo latte, né come un padre autoritario, divino assente sulla tua testa. E neppure come uno zio folle di cui ignoravi l'esistenza, no.
Il Texas se ne frega di te, non sa nemmeno che esisti. Non ti contempla, ma si contempla. Respira beato la sua immensità, ignora la portata dei sentimenti, e sgonfia uragani in corsa, quando ne ha voglia, con un leggero soffio o una botta sulla nuca.
La pioggia ti avvolge ma non ti bagna, se hai l'anima in secca, e la volta del cielo è talmente alta e inarrivabile che non puoi proprio permetterti di sentirti un animale in gabbia; perché la gabbia è illimitata.
Così io procedo sulla strada senza fine, col mio viaggio nel viaggio, da Sulmona a New York, da New York a Houston, da Houston ad Austin passando per Marfa. Marfa, Marfa... Ripetete insieme a me: Marfa! Il più inaspettato avamposto del nulla nel nulla che io abbia mai visto in vita mia: a parte Igioland. Bilbo Baggins può capirmi.
Eppure quando ti ci trovi pare tutto normale, ti appartiene, diventa reale, e non pensi più di essere dentro a un film americano, perché i film in fondo sono illusioni, mentre i luoghi del mondo, se li calpesti, diventano tuoi. Il Texas mi sta dando grandi spunti di riflessione. Rifletto e m'illumino a giorni alterni, come le luci di Marfa. Direi quasi che il Texas è uno Stato mentale, il Far West dentro al cuore, la Cappella di Rothko tutta per te; cose che non sai più immaginare, cose che ti fanno desiderare di rimanere un po' qui, nonostante tutto, nonostante la Pena di Morte...
Cazzo! Io ho ucciso un ratto qui in Texas! L'ho spinto subdolamente dentro a una trappola elettrica, che lo ha folgorato all'istante: odore nauseabondo di carne e pelo bruciacchiati, e quella coda orrenda.. Era in cucina il ratto! L'ho sorpreso nella cucina del mio amico Gabriele, che mi ospita amorevolmente con sua moglie Michu, a Houston, e non mi fanno mancare niente. Neanche i ratti.
Vostro Onore, cosa avrei dovuto fare? Non sono un'assassina! Sono innocente! Sono una persona buona, sono di Sulmona! Ups! Non avrei dovuto dirlo questo. Mi si ritorcerà contro. Lo so.


postato il 31/10/2015

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