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Qui Svezia: nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.

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di Linda Ranalli

In principio fu l'oblò.
Grigio, di un acciaio scintillante, stava lì, al centro della parete, su ogni singolo pianerottolo di palazzo. (foto1)
Sigillava un buco nero, pronto a ingurgitare qualsiasi cosa gli fosse dato in pasto.
Vetro, plastica, carta, scarti alimentari. Tutto, indistintamente, entrando dal segreto pertugio, scendeva a picco nelle viscere del palazzo, lasciandosi dietro, nell'infinita caduta, un'eco di rumori sordi ed inquietanti, via via più lontani.
Poi un tonfo lontano ed infine il silenzio. Il sacchetto della spazzatura finiva così la sua corsa: spiaccicato insieme agli altri, sul fondo di un gigantesco cassonetto, chiuso in uno stanzino affacciato sulla strada.
Gli anni '80 celebravano il trionfo della trash-comodità: senza uscire in strada, la spazzatura si buttava "in déshabillé'", dal pianerottolo, direttamente nel buco nero. (foto 2)
Ci sono voluti dieci anni per rendersi conto che il buco nero fuori dalla porta non era una regione dello spazio/tempo capace di inghiottire e disintegrare la materia. Il buco nero stava accumulando tonnellate su tonnellate di rifiuti di ogni genere. Bisognava correre ai ripari e pure in fretta. Così, da un giorno all'altro, si è detto basta alla pacchia del "butto come mi pare" e sono partiti i sigilli agli oblò. Nonostante il processo di riorganizzazione sia stato avviato da tempo, qui a Malmö ci sono quartieri in cui "il tubo", funziona ancora. (foto 3)

La Svezia è stata tra i primi Paesi d'Europa a cambiare registro dando il via all'era della raccolta differenziata scientifica e rigorosa. Lo stesso stanzino che prima conteneva un unico contenitore gigante per i rifiuti condominiali, ora ospita ben 9 cassonetti: per la carta, il cartone, il vetro bianco e quello scuro, la plastica, il metallo, le batterie, gli scarti organici e i materiali non riciclabili. (foto 4) Non ti puoi sbagliare, anche perché, come una goccia cinese, a casa ti arrivano a cadenza mensile pubblicazioni che ti spiegano come fare la differenziata perfetta. Bisogna informare e sensibilizzare l'utenza se si vogliono ottenere risultati apprezzabili. (foto 5)
Per esempio una delle campagne più famose si chiama: "Tack för maten" che tradotto significa, "Grazie per il cibo" (che differenzi). Malmö con il suo circondario (350.000 abitanti) produce 33.000 tonnellate di rifiuti organici ogni anno. Eppure non basta: bisogna fare di più e meglio per raggiungere l'obiettivo delle 40.000 tonnellate entro la fine del 2015.
Cosa ci faranno mai con 40.000 tonnellate di materiale organico? Si contribuisce alla produzione del biogas svedese, eco-alternativa alla benzina e al gasolio. Nella foto (nr. 6) c'è lo slogan che campeggiava un paio di anni fa sul retro di molti autobus e recitava: "Questo autobus sarà presto alimentato dai tuoi rifiuti alimentari". Promessa mantenuta: oggi quasi tutti gli autobus della regione a sud della Svezia (Skåne) sono alimentati con biogas. (foto 7, 8)
L'obiettivo che la Svezia vuole centrare entro i prossimi anni è certamente molto ambizioso: eliminare l'utilizzo di tutti i combustibili fossili entro il 2020.
Appare chiaro fin da ora che i soli rifiuti organici non siano sufficienti a garantire, nell'immediato futuro, una richiesta massiccia di biogas. Per non farsi trovare impreparati, la ricerca ha già individuato altre fonti di approvvigionamento di materiale organico. Ormai da qualche anno si è passati alla coltivazione diretta di piante specifiche da destinare agli inceneritori. Così ogni giorno 300 tonnellate tra barbabietole da zucchero, mais, facelia (comunissima piantina selvatica dall'infiorescenza azzurrina) e alcune graminacee, vengono bruciate per produrre biogas e fertilizzanti naturali. Il rischio futuro in cui si potrebbe incorrere è che la pratica, su scala industriale, possa sottrarre terreno all'agricoltura e all'industria alimentare.
Si stanno quindi studiando procedure meno rischiose, che prevedono l'utilizzo di interiora di pesce, cozze e alghe marine: materiale organico facilmente reperibile nel vicino Mare dell'Öresund, tra Svezia e Danimarca.
"In campo contro il riscaldamento globale" . Se non è biogas, è biodiesel. (foto 9)
Tanto per fare un esempio, gli autobus che offrono il servizio navetta Malmö-aeroporto-Malmö sono alimentati a colza, in svedese rapsolja. (foto 10)
Sì, avete capito bene. Stiamo parlando dell'olio di infima qualità che viene estratto dai semi dei fiorellini gialli di Brassica Napus e che in Italia è considerato altamente dannoso per la salute. Qui in Svezia è al primo posto tra gli oli vegetali usati in cucina e (pure) al primo posto tra quelli utilizzati per la produzione di bio-diesel. Con una certa nota di orgoglio gli autobus portano stampate sulla carrozzeria bottiglie di olio da cucina che riversano il loro contenuto direttamente nel serbatoio. (foto 11)
Tornando alla raccolta differenziata, mi vien da pensare che qui in Svezia la spazzatura sia considerata un po' come il maiale in Italia: non si butta via niente. Tutto è buono, utile per essere trasformato o riciclato. Se il materiale organico diventa biogas o biodiesel, anche per i rifiuti non riciclabili è prevista una nobile fine di carriera.
Prendiamo il cosiddetto non riciclabile, stimato come il 51% della spazzatura totale. Una volta raccolto viene trasportato negli inceneritori. L'energia termica ed elettrica che ne deriva è sufficiente a riscaldare ed illuminare il 20% delle abitazioni del Paese. Per gli svedesi questa è una percentuale ancora troppo bassa se l'obiettivo è quello di liberarsi dai combustibili fossili entro in prossimi cinque anni. Il problema è che la Svezia con i suoi (appena) 9 milioni e mezzo di abitanti non riesce a produrre abbastanza spazzatura da mandare negli inceneritori.
Anche in questo caso la soluzione del problema è stata trovata dietro l'angolo: da qualche anno la Svezia ha iniziato a comprare spazzatura da altri Paesi Europei. Ne compra quasi 800.000 tonnellate l'anno, soprattutto dai Paesi che presentano una forte emergenza rifiuti, come l'Italia.
E ora chiudo con un argomento che, sono sicura, susciterà un po' di invidia. L'argomento si chiama PANT. La mia famiglia lo ha trasformato in un neologismo italo-svedese.
"Chi va a pantare??" Il verbo PANTARE in italiano non esiste (e infatti il correttore automatico del mio computer già me lo ha segnato di rosso). In svedese il verbo ATT PANTA significa dare in pegno. Pant 1 o 2 corone è scritto su tutte le bottiglie di plastica e le lattine di allumino comprate nei negozi. (foto 12)
Per farla breve: finisci di bere le tue bibite e porti i vuoti alla macchina del pant. La trovi dentro ogni supermercato. (foto 13, 14)
Infili una ad una, bottiglie e lattine. Alla fine la macchina ti stampa uno scontrino con l'importo raggiunto. (15) Con quello vai in cassa e lì ti cambiano lo scontrino in moneta contante. (foto 16).
Nella nostra famiglia la regola vuole che l'operazione pant sia fatta dai bambini: per loro è un divertimento. Le monete che ottengono alla cassa possono tenerle e poi metterle nel loro salvadanaio.
In sostanza il Pant altro non è altro che un vuoto a rendere, poiché il prezzo della bottiglia o della lattina lo hai già pagato al momento dell'acquisto delle bibite.
Il Pant e' semplicemente un modo intelligente per incentivare la raccolta differenziata di plastica e alluminio, che altrimenti non darebbe gli stessi risultati. Che dire, tanto di cappello.
Mi sono trasferita qui in Svezia da un anno e sin dal primo giorno, notando le diversità tra questo Paese e la mia Italia, non faccio altro che domandarmi: "Perché??".
Perché tanto virtuosismo scandinavo non può essere preso come modello per un cambiamento?
Io non sono ancora riuscita a darmela una risposta. E voi invece? Ce l'avete? Bene, non me la dite, per favore.
Perché anche se può sembrare contraddittorio con quanto ho appena detto, purtroppo quella risposta già la conosco.


postato il 28/2/2015

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