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qui Svezia: Con la sauna in ufficio

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di Vanni Caruso

Avrà avuto 80 anni, occhi blu ed una postura da atleta. Un vecchietto vestito con abiti semplici, anche un po’ consumati, ma portati in modo impeccabile, mi si avvicina e mi spiega con un inglese perfetto come avrei dovuto fare a pagare il parcheggio.
Ho subito intuito che quel Paese, che di li a poco mi avrebbe ospitato, avesse una marcia in più. Ero appena arrivato in Svezia, paese di gente perbene, sorridente e riservata. Da due anni a questa parte, giorno dopo giorno, mi sono innamorato di questa terra che mi ha accolto con discrezione, sottovoce.
Ho bussato alle sue porte dopo una lunga esperienza di formazione in Australia, ed ho trovato garbo ed eleganza. Quella eleganza nordica di cui si parla tanto, fatta di semplicità e linee pulite. Si pulite, come le relazioni che si sono intrecciate al lavoro. Immediatamente sono stato colpito dalla affabilità e modestia dei miei supervisori che si impegnano a seguire un modello di lavoro basato su gerarchia piatta e non piramidale. Un modello che si sarebbe rivelato davvero produttivo per me. Non esistono capi, ma solo ruoli e responsabilità. Al lavoro, ognuno di noi e’ visto e trattato come se possa fare la differenza. Ed ognuno di noi si adopera a farla. E la produttività è a livelli fuori dal comune.
Il mio primo giorno di lavoro e’ stato meraviglioso, non mi sembrava vero, e tuttora stento a crederlo. La prima domanda che mi hanno posto è se io avessi figli. Col senno di poi, ho capito la natura di questa domanda così spontanea. Alla mia eta’, gli svedesi hanno già messo su famiglia. Mi avrebbero messo a disposizione un asilo che quotidianamente viene utilizzato dai figli degli studenti e dei dipendenti.
Dopo avermi mostrato l’ufficio, con fare spontaneo, mi indicano l’accesso alla palestra ed alla sauna, che sono al piano inferiore. Incredulo, come quasi preso in giro, ho annuito con sorriso leggero. Ma era tutto vero, avevo una palestra ed una sauna a disposizione che potevo utilizzare sempre, a qualsiasi ora durante la mia giornata lavorativa, senza limiti. Questo è stato un primo segno. Avevo capito che ero libero di lavorare con i miei tempi, senza rispondere ad orari fissi o, eventualmente, a supervisori insicuri. In seguito, avrei scoperto che avevamo anche una sala massaggi ed una riservata al ping pong.
Dopo qualche tempo alla mia nuova scrivania, una signora si fa avanti e si presenta come fisioterapista ed ergonometrista. Con un fare professionale, e di una modestia fuori dal comune, mi aveva fatto notare che la mia postura era delle peggiori e che nel corso del tempo, mi avrebbe portato a forti scompensi visivi e non solo. Mi ha insegnato a lavorare al computer stando seduto correttamente, regolandomi l’altezza della sedia, mostrandomi la corretta posizione delle braccia e delle mani sulla tastiera. Mi ha spiegato anche come avrei dovuto guardare al monitor in modo corretto, mantenendo lo sguardo un po’ al di sopra del suo margine superiore. Con il mento indietro, un po’ più dall’alto che frontalmente.
Tutte insieme, queste attenzioni che non avevo mai visto in Italia, tantomeno nella moderna Australia, si sono rivelate importanti per la mia serenità lavorativa, perché ho capito che il benessere al lavoro è fonte di produttività.
In Svezia, nel quotidiano, la qualità della vita contribuisce a costruire la base per una società migliore, che accoglie tutti, senza distinzione e pregiudizio.
Un sera in un pub, un collega mi disse: “Vedi Vanni, chiunque voglia vivere in Svezia, è già svedese per me. Noi non abbiamo confini, se vuoi vivere qui è perché vuoi una vita migliore e noi non abbiamo leggi che ti impediscano di costruirtela".


postato il 14/2/2015

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