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Editoriale

Noi non viviamo solo per vivere. Tutto non ricomincia a ogni generazione: noi riceviamo e tramandiamo. La vita si inscrive in una patria, in una lingua, in un mondo che spetta a noi mantenere con cura, e forse anche con amore”. Quanta verità è scritta in questo passo di Alain Finkielkraut, giornalista e filoso, nato a Parigi da una famiglia di ebrei polacchi scampati alla Shoah. In questo numero di Zac vi raccontiamo, in un certo senso, di come sia importante vivere pensando anche al futuro e della necessità di lasciare testimonianze concrete. Gli artigiani peligni lamentano l’assenza di ricambio generazionale nella categoria. Perché fino a qualche anno, in una società tutta votata al consumismo e alla psudo-cultura, era considerato svilente per un giovane intraprendere una professione nel settore dell’artigianato o dell’agricoltura. E non è un caso, invece, che gli ambientalisti che contrastano la realizzazione della centrale Snam e del metanodotto abbiano compreso l’importanza di coinvolgere i giovani in una lotta per garantire un futuro migliore al territorio e alle generazioni future. Ma talvolta un concetto così concretamente semplice non è altrettanto comprensibile. Quante iniziative, associazioni e realtà in città e sul territorio sono gestite da chi non vuole lasciare spazio far alle nuove generazioni? Un atteggiamento masochista e poco lungimirante. Perché se si crede in una idea bisogna anche lavorare per farla camminare sulle proprie gambe. Noi di Zac cerchiamo di fare la nostra parte. La nuova direzione, appena insediata 2016, ha scelto di dedicare, nel giornale, una rubrica ai giovani. Uno spazio gestito dagli stessi studenti che, ad ogni numero, regalano una nuova emozione attraverso il loro articoli. Perché soltanto con l’inclusione e la partecipazione di tutti c’è libertà. Anche e soprattutto di pensiero

postato il 13/4/2018 alle ore 1:03